Sembra una storia ma non lo è, parliamo del Candirù un piccolo pesce d’acqua dolce che a volte entra in percorsi non propriamente acquatici. Il Candirù è un piccolo pesce che vive nel bacino del Rio delle Mazzoni (Bolivia, Brasile, Perù, Colombia ed Equador). Misura circa un centimetro ed assomiglia ad una piccola anguilla anche se la sua famiglia è quella dei pesci gatto (anche essi molto presenti nel Rio delle Amazzoni).
La caratteristica orribile di questo pesce è quella di entrare nel pene umano, e di restarci stabilmente. L’operazione chirurgica è l’unica e non certo piacevole soluzione al problema, ah dimenticavamo, si nutre anche di sangue, e la zona dove si infila è ricca di vasi sanguigni da cui attingere cibo.
Queste particolari caratteristiche gli hanno fatto ricevere il nome di pesce vampiro o pesce stuzzicadenti. Secondo le credenze popolari dell’Amazonia, dove il pesce ha il suo habitat naturale, questo pesce sarebbe attratto dall’odore dell’urina umana, e per questo motivo attacca l’essere umano, anche se la sua preda preferita sono altri piccoli pesci.
A causa delle sue piccole dimensioni è difficile da individuare soprattutto se l’acqua è torbida (cosa molto probabile in quegli habitat), dove passa indisturbato e riesce ad infilarsi nel pene dello sfortunato bersaglio umano. È un essere vivente che può essere classificato come parassita, la superfice delle sue branchie è ricoperta di minuscoli artigli che gli consentono di aggrapparsi alle branchie degli altri pesci e di nutrirsi del loro sangue. Vive per lo più nei fondali torbidi e sale in superficie solo per l’accoppiamento e per nutrirsi.
Le storie di attacchi all’uomo iniziano dopo il 1800 e tutte parlando di attacchi all’uomo quando quest’ultimo urinava in acqua. L’odore dell’urina attira il pesce che subito riesce a penetrare nel pene, risale l’uretra e li si aggrappa causando dolore e difficoltà ad urinare. Non c’è tranquillità però nemmeno per le donne, c’è infatti chi pensa che il Candirù riesca ad entrare anche nella vagina e nell’ano con effetti pressoché simili, deponendo le uova all’interno del corpo del malcapitato.
L’aspetto orribile di questa disavventura è pare che l’unica soluzione possibile per risolvere il problema nell’uomo sia l’amputazione del pene nella fase iniziale di inserimento del pesce, in quanto sarebbe secondo i medici sarebbe l’unico modo per impedire al pesce di raggiungere la vescica, dove provocherebbe un infezione che molto spesso determina la morte la persona attaccata.
Tutta invenzione? Non si sa, però c’è un caso forse documentato risalente ormai al 1997. Un tal Silvio Barbosa fu attaccato da questo pesciolino, dopo tre giorni di sofferenze atroci un chirurgo urogenitale riuscì in qualche modo a tirargli fuori il parassita attraverso l’uretra.
Un ricercatore dell’università del Connecticut si interessò al caso e il chirurgo che operò il signor Barbosa fornì tutti i documenti medici, la cartella clinica, foto comprese del suo lavoro. Tuttavia, non fu sufficiente per confermare che fosse stato un Candirù ad attaccare il poveretto. Anzi, nel 2001 il ricercatore fece un esperimento in cui è stato dimostrò che il Candirù non viene attratto dall’urina umana.
A questo punto il mistero si accresce, tuttavia ogni anno varie persone muoiono per infezioni causate da pesci o altro che si infilano negli interstizi umani dei mari ad acqua dolce tropicale. Perciò, chi in vacanza venisse attratto nel fare un bagno, ne tenga conto, anche perché da quelle parti la chirurgia è quasi sempre risolutiva con l’amputazione della parte attaccata.